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Pirateria informatica
Quel virus è un capolavoro
Hacker come creatori d’arte, software come poesie. E poi provocazioni, atti eclatanti, colpi mediatici. Per scardinare il buon senso della rete. E dimostrare che Internet sta cambiando le regole del gioco

di Graziarosa Villani

Esiste un’estetica del pirata informatico? Ci si può esaltare per la bellezza del codice sorgente? La scrittura di un virus può essere considerata poesia, breve e intensa come un haiku? Le domande, provocatorie, arrivano da due gruppi italiani, gli 0100101110101101.org, che vuole mantenere il più rigoroso anonimato, e gli epidemiC, entrambi ospiti del BananaRAM Net Art Festival, ad Ancona dal 18 al 22 settembre 2002.

L’arte della provocazione online, insomma, comincia a scrivere le sue regole. Ma come si fa a scardinare la morale comune di Internet, il buon senso della Rete? Per esempio, si lancia il programma peer to peer AntiMafia, come mezzo per promuovere da utente a utente, senza nessun tramite, azioni comuni, comprese le proteste telematiche. Oppure si organizza il plagio del sito della Santa Sede, o il furto da una delle più note gallerie telematiche di net-art. Si realizzano virus-opere d’arte “istituzionali” come il biennale py e il bocconi.vbs, il primo per la Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2001, l’altro per la prestigiosa Università Bocconi di Milano. Si allestisce poi per il d-i-n-a (digital is not analogic, Campobasso 24-26 ottobre 2002, il più importante festival internazionale su tutto ciò che di rivoluzionario avviene nell’ambito della sperimentazione in rete) la mostra “virii virus viren viry o della bellezza del codice sorgente”, la prima in assoluto ad affermare che il testo che dispone e programma la esecutività di un virus è da considerare un prodotto estetico. Si idea GLASTNOST – trasparenza per autopedinarsi via Gps e per mettere il proprio computer in condivisione con gli altri dimostrando quanto sia effimera la privacy... Ecco come gli 0100101110101101.ORG e gli EpidemiC raccontano la loro esperienza di liberi battitori del mondo web.

Da quanto fate, pare di capire che la vostra idea di Internet è di condivisione estrema. Da qui la vostra battaglia al copyright e alla privacy. Una Internet il più possibile democratica che, come qualcuno vorrebbe per la ricerca, sia accessibile a tutti e che non metta legacci alla comunicazione. È così?

«I discorsi sull’originalità e il plagio non hanno più senso in Rete. Nel momento in cui può esistere una copia identica in tutto e per tutto all’originale, non ha più senso distinguerli. Ovviamente la caduta della nozione di originalità comprende anche la caduta della nozione di autore, perciò di falso, plagio e così via. 0100101110101101.ORG non fa altro che mostrare questo meccanismo. È sempre più frequente che i musicisti producano la loro musica riarrangiando pezzi preesistenti (i Negativland sono uno degli esempi più coerenti), esistono interi generi musicali basati sul campionamento. Ciascuno è dunque allo stesso tempo produttore di materia prima, trasformatore, autore, interprete e ascoltatore in un circuito di creazione e fruizione cooperativa. 0100101110101101.ORG propone la stessa pratica nell’arte, "vaticano.org" non era altro che un campionamento del materiale che avevamo a disposizione. Queste pratiche portano alla luce una verità che è da sempre dissimulata: l’originalità individuale non esiste. Non esiste il genio isolato dal mondo ispirato dalla musa, è un mito romantico creato dall’economia per giustificare il valore aggiunto. La genialità di un artista equivale alla santità del Papa: il suo fine è creare un alone d’intoccabilità e mistero attorno a qualcosa che di mistico o ultraterreno non ha assolutamente nulla. La creazione artistica non è altro che una ricombinazione di quello che è già stato fatto in precedenza. Un infinito rimescolamento di reciproche influenze, consapevoli o meno, in cui è impossibile isolare un autore. L’obiettivo non deve essere creare qualcosa di nuovo, ma imparare ad utilizzare ciò che è già stato creato. 0100101110101101.ORG è un esempio di questa condizione esistenziale. Ed è anche un’ottima dimostrazione di come sia possibile imporsi e trasmettere le proprie idee senza produrre alcunché. I progetti o le azioni cui abbiamo lavorato in questi anni affermano che la cultura non è altro che una rielaborazione infinita. La libera condivisione dell’informazione costituisce non solo la natura stessa della Rete ma di tutta la cultura».

Volete dimostrare che anche la privacy è un concetto che non esiste?

«Nel gennaio 2000 abbiamo iniziato GLASNOST – trasparenza, una strategia che consiste nel monitorare e rendere pubblico, in tempo reale, la maggior quantità di dati su di un individuo nella società attuale. Non potendo raccogliere dati a tappeto abbiamo trasformato noi stessi in cavie da laboratorio. Così 0100101110101101.ORG è “l’individuo” sotto controllo e GLASNOST rappresenta il nostro “personal media”, un canale dedicato alla trasmissione dei nostri dati personali. Due progetti sono stati realizzati sino ad ora come parti di questa più vasta strategia: life_sharing, iniziato nel gennaio 2001, consiste nella completa trasparenza del nostro computer di casa, aperto e visibile da qualsiasi utente attraverso Internet. VOPOS, iniziato nel gennaio 2002, è un sistema attraverso il quale i nostri movimenti quotidiani nello spazio fisico vengono registrati da un trasmettitore GPS e visualizzati in tempo reale su una mappa geografica digitale. GLASNOST è completa trasparenza digitale e un sistema permanente di auto-sorveglianza che esplora le contraddizioni della privacy nell’era dell’informazione tecnologica. GLASNOST riflette l’ossessione della società nell’archiviare dati personali».

Virus buoni e cattivi. Con epidemiC ne avete realizzato uno. Qual è il vostro concetto di virus?

«Biennale.py è allo stesso tempo un’opera d’arte e un virus informatico. Il codice sorgente del virus è stato reso pubblico e diffuso il giorno dell’apertura della Biennale, 6 giugno 2001, dal Padiglione della Repubblica di Slovenia. "biennale.py" è il primo virus informatico scritto in python e decisamente il più lento della storia. I virus informatici, o programmi autoriproducenti, si comportano con il medesimo modus operandi dei virus biologici: si attaccano a un "organismo", ossia un file, per rimanerci e installarvi il proprio habitat, talvolta, e in casi più rari, per distruggerlo. I virus, pertanto, si diffondono rispettando perfettamente le leggi della conservazione della specie e dell’istinto di sopravvivenza. Un virus è, anzi vuole "esistere", istintivamente e senza mediazioni, ed è proprio questa la principale e unica funzione di "biennale.py": sopravvivere. All’interno del Padiglione era possibile leggere il codice sorgente di "biennale.py" e testarne il funzionamento su un computer infettato. Durante i giorni d’apertura della Biennale comparirono migliaia di t-shirt con stampato il codice sorgente del programma. Proprio come i virus biologici, "biennale.py" si è diffuso non soltanto attraverso le macchine, ma anche attraverso gli uomini. "biennale.py" è interpretabile non solo dalle macchine, ma anche dagli uomini: il suo codice sorgente, letto dal fondo, narra una storia d’amore, che conferma la possibilità di creare bellezza attraverso il codice sorgente. Forse per questo copie del virus, entità per eccellenza immateriale e dannosa, sono state vendute a galleristi e collezionisti spregiudicati. Acquistare un virus informatico è forse uno dei più eccitanti investimenti economici oggi realizzabili».

Qual è, se c'è, la filosofia che vi guida nei vostri progetti?

«Nessuna filosofia. Ci svegliamo la mattina, ci connettiamo e tutto il resto viene da sé».

A BanaraRam voi di EpidemiC ripresenterete il programma peer to peer AntiMafia, che ha già esordito il 23 maggio 2002 al Museum of Applied Arts di Francoforte ed è entrato in Rete lo stesso giorno. Di cosa si tratta?

«AntiMafia è un software per Windows che sfrutta il protocollo peer to peer di Gnutella. È un programma, come per l’Mp3, che permette di essere a contatto immediato con tutti quegli utenti che nello stesso momento utilizzano il programma. Noi abbiamo solo costruito un mezzo che chiunque può utilizzare per promuovere azioni, dai biglietti di auguri alle proteste telematiche. Il nome scelto è intrigante, ma AntiMafia non contiene funzioni in grado di compiere gesti illegali, anzi, non contiene nessuna funzione in grado di produrre un’azione. L’azione, qualsiasi tecnica utilizzi, è un programma esterno (Plug-in) che viene gestito da AntiMafia. Le specifiche tecniche per “scrivere” i Plug-in sono pubblicate nei codici sorgente, ma noi non abbiamo sviluppato e non svilupperemo alcun Plug-in di azione. Chiunque decidesse di rilasciare un programma che utilizzi AntiMafia assumerà la responsabilità sul tipo di azione che il Plug-in produce».

Che rapporto avete con il mondo dei net-activist?

«Il peer to peer ha una struttura orizzontale, decentralizzata e poco controllabile, mentre la gran parte dei fenomeni di attivismo hanno la geometria, la forma della leadership, dell'élite. Il peer to peer, di per sé, è “la rivoluzione dell'uomo qualsiasi”».

14.10.2002

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