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di Alessandra C
Alla Salara - www.salara.net
- di Bologna si è tenuto dal 24 al 26 maggio “digital_is_not_analog.01”,
una serie di incontri, mostre e dibattiti sulle forme
che l'arte assume nel mondo digitale e della rete. Vi
ha partecipato il gruppo italiano Epidemic - www.epidemic.ws
- , ideatore di "virii virus viren viry", o della
bellezza del codice sorgente, la prima mostra sui virus
mai realizzata fuori o dentro la rete.
L'esposizione è stata concepita e prodotta da un gruppo
di artisti/programmatori e programmatori/artisti. La
loro tesi, confortata dalla competenza linguistico/informatica
di alcuni protagonisti del web italiano, è che la scrittura
del codice sorgente, ossia di quel testo che dispone
e programma la esecutività di un virus, sia da considerare
come un prodotto estetico. Il loro programma risponde
all'esigenza spiazzante e incontenibile di sovvertire
la prospettiva falsata che il sistema dell'informazione
ha fino a oggi prodotto su quel particolare prodotto
che è il virus informatico.
Che cos'è un virus informatico? E’ un programma che
può modificarne altri, includendo una copia di se stesso,
infettandoli. I primi virus furono ipotizzati, per essere
in seguito realizzati, da Fred Cohen, studente dell'Università
Ucla di Los Angeles nel 1983, durante una serie di dibattiti
sulla sicurezza in ambito informatico. Il mondo dovette
aspettare altri tre anni prima di vedere in circolazione
virus che infettassero i computer.
Da allora sono stati scritti più di diecimila virus,
o programmi autoreplicanti, e la loro fama è tale da
divenire argomento di discussione nelle riunioni governative
sulla sicurezza della rete globale. Love letter è probabilmente
il virus, o meglio il worm, più famoso della storia
di Internet. La sua "inoculazione" nelle macchine bersaglio
ha messo in ginocchio le reti interne delle più grandi
organizzazioni commerciali e non, costringendo Microsoft
a fare ammenda di fronte alle lacune di sicurezza di
Outlook.
Può un virus essere un'opera d'arte? Il gruppo Epidemic
propone una rilettura culturale del codice sorgente,
trattandolo come opera d'arte in sé, con le sue regole
estetiche e semantiche, già accettate da un parte della
popolazione digitale. Nei giorni della mostra
il gruppo ha organizzato un reading pubblico del virus
Melissa curato da Franco "Bifo" Berardi, con notevoli
reminescenze di analoghe operazioni dadaiste.
La loro provocazione ha già riscosso un notevole successo
e gli è valsa un invito alla biennale di Venezia, in
collaborazione con un altro gruppo di artisti digitali:
http://www.0100101110101101.org
(29 maggio 2001)
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