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Net.art in scena a Bologna:
è il festival del bit creativo

Un antico magazzino trasformato in vetrina per la digital art internazionale: un viaggio ironico e dissacrante tra software libero, immagini tradotte in Ascii, motori di ricerca che cantano e zapatisti armati di scanner

di Alessandro Ludovico 
MyTech
Milano 6 giugno 2001 

www.graffiti.org Il primo festival internazionale realizzato in Italia ed esclusivamente dedicato alla Net.art, si è concluso con meritato successo. Una carrellata di nomi di prim'ordine hanno calcato lo spazio per le presentazioni dei Salara Media Lab di Bologna, un antico magazzino di raccolta del sale ora ristrutturato e dedicato ad attività d'arte contemporanea. Gli ospiti provenienti da Europa e Stati Uniti hanno raccontato e dimostrato lati della rete inediti, impegnati e creativi, aprendo squarci nell'uso monotono e ripetitivo dei browser e delle interfacce e lasciando intravedere attraverso una lente deformante sviluppi auspicabili o meno di Internet.
I lavori dell'inglese Adrian Ward, per esempio, hanno destato molto interesse, anche grazie al fatto che il suo software, creato ad hoc, ricalca programmi ben noti come Adobe Illustrator e Photoshop. I frutti della sua programmazione si chiamano rispettivamente AutoIllustrator e Autoshop e sono programmi liberamente scaricabili, che dispongono di caratteristiche generative. Usando i loro strumenti, quindi si attivano algoritmi che compongono l'immagine da soli, o quasi, secondo alcune regole probabilistiche e grafiche capaci di ottenere degli artefatti sorprendentemente belli.
L'italiano Jaromil, invece, attualmente residente a Vienna, è uno degli sviluppatori di software multimediale per Linux più bravi in circolazione. A Bologna era presente un lavoro incantevole: la Hasciicam. Si tratta di una telecamera interfacciata con un computer Linux che digitalizza le immagini traducendole in tempo reale in formato Ascii. Ma oltre a questo geniale software, con cui in molti si sono divertiti, Jaromil ha presentato il suo ultimo progetto chiamato Freej. Si tratta di un altro potente programma per Linux che permette di mixare ed aggiungere effetti in tempo reale ad un video, implementando la stessa tecnica dei livelli, familiare agli utenti dei programmi di grafica. Il tutto come free software e sotto stretta licenza Gpl, ossia pubblicamente documentato e liberamente modificabile. Certamente affascinante anche Webtracer, un progetto del designer inglese Nullpointer, un altro tentativo di visualizzare in una qualche maniera visuale interi siti, attraverso l'uso di algoritmi che siano capaci di disegnarli.
Se Webtracer vuol essere una rappresentazione visiva della rete, ci sono altri artisti che cercano invece di darne una rappresentazione sonora. Amy Alexander, per esempio, fra i suoi numerosi lavori presentati, ha illustrato anche Netsong, di cui è autrice insieme a Peter Traub. Il software usato dal sito trasforma i risultati di una ricerca per parole chiave in qualcosa di udibile, "leggendo" e, a volte, "cantando" i risultati. Questi si possono ascoltare tramite uno stream in Realaudio, che volendo può pure essere seguito, come un libretto d'opera, con il testo a fronte, pieno zeppo di http e www.
Ma oltre all'estetica c'è pure un versante eticamente "impegnato" che cerca di cavare dalle installazioni artistiche un senso politico più profondo. È questo certamente il caso dell'americano Ricardo Dominguez, fondatore dell'Electronic Disturbance Theater. Dominguez è uno degli attivisti elettronici vicini alla lotta dell'esercito zapatista in Messico. L'opera in rete che lo ha reso celebre è lo Zapatista Tribal Port Scan, un semplice scanner di porte logiche (come la famoso porta 80 associata ai servizi Web) che sfrutta la Java Virtual Machine, uno standard in ogni browser. Ogni minuto (oppure ogni ora a seconda di quello che l'utente seleziona), il software fa lo scanning delle porte dei server configurati di default e nient'altro. Nonostante ciò alcuni giornali americani hanno riportato che grazie a questa tecnologia gli zapatisti controllavano le mosse dell'esercito messicano, e questo ha portato Dominguez a concludere che «la simulazione può essere più importante della tecnologia stessa». Sempre sul fronte attivista erano presenti gli RTMark con la loro versione personalizzata del sito elettorale di George Bush Junior, apparentemente credibile, ma con molte "verità" rivelate navigando fra i link. Anche i Surveillance Camera Players sono degli attivisti statunitensi che eseguono delle performance dissacranti davanti alle telecamere di controllo poste in strada. Infine il gruppo italiano degli Epidemic ha presentato una curiosa installazione chiamata virii virus viren viry, in cui i virus informatici sono visti non più come pericolo distruttivo, ma anche come «opera estetica di codice sorgente».
Al lato ironico e demistificatorio dei meccanismi ormai assodati in rete appartengono in molti. Alexei Shulgin, è uno di questi e benché abbia origini russe, ora vive a Berlino. È noto per essere stato un pioniere della Net.art con le sue prime opere a metà degli anni novanta, che sfruttavano i form (ossia i moduli da riempire on line) accostandoli in maniera squisitamente grafica, con risultati intriganti. Ora, con Internet sempre più figlia delle trasformazioni imposte dal commercio elettronico, ha concentrato gli sforzi su un sito all'apparenza molto serio, ma in realtà assolutamente sarcastico. FuckUFuckMe, infatti, è una divertente parodia di Cu-SeeMe, che mette in vendita dei presunti drive per organi sessuali da collegare al computer. Questi darebbero la possibilità di avere rapporti soddisfacenti a distanza. Nonostante la chiara natura artistica del sito, senza che ne sia stata fatta alcuna pubblicità, centinaia di e-mail sono affluite nella mailbox di Shulgin, richiedendo maggiori informazioni sul prodotto o addirittura l'acquisto.

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